Concessione Italiana in Cina - Tien-Sin
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L’articolo 25 del trattato di pace con l’Italia del 10 febbraio 1947 stabiliva quanto segue: «L’Italia accetta l’annullamento del contratto di affitto concessole dal Governo cinese in base al quale era stabilita la Concessione italiana a Tientsin...». Tale clausola rievoca un momento lontano e quasi dimenticato della politica estera italiana. Il «settlement» di cui si parla, sul quale l’Italia con l’accordo italo-cinese del 7 giugno 1902 non aveva acquistato la sovranità territoriale ma quella parziale delegazione della sovranità che competeva agli Stati per concessioni analoghe, era stato ceduto dalla Cina in affitto perpetuo in ragione di 2800 lire annue in moneta cinese. Esso si situava nel territorio di Tientsin, sulla strada tra Pechino e il Mar Giallo. Si estendeva per circa mezzo chilometro quadrato ed era la piú piccola concessione esistente in quella zona della Cina. Vi esistevano delle saline in abbandono lungo il fiume Peiho, un miserevole villaggio al centro e un cimitero in mezzo a terreni paludosi a nord. A Tientsin nel giugno 1902 vi erano già, in ordine decrescente di grandezza, le concessioni inglese, tedesca, francese, giapponese, belga, russa e austriaca. Dopo la Prima Guerra Mondiale la limitrofa concessione austriaca venne incorporata in quella italiana.
Nel corso degli anni il possedimento ebbe un notevole sviluppo e già nel 1930 vantava 17 strade e due piazze, una cattedrale cattolica, un ospedale, una caserma, banche, la Casa degli italiani, due scuole, campi sportivi e un mercato. Gli abitanti erano circa ottomila di cui cinquecento italiani e nelle villette con giardino vivevano i cinesi piú ricchi. Nel quartiere vigevano le leggi italiane.
Con l’entrata in guerra del Giappone nel dicembre 1941 tutte le concessioni delle potenze in conflitto con il Sol Levante furono occupate dall’esercito nipponico. La parola d’ordine era «L’Asia agli asiatici» e, pertanto, anche la concessione italiana e quella della Francia di Vichy videro fortemente limitata la loro autonomia. Dopo l’8 settembre 1943 i Giapponesi occuparono la concessione e deportarono gli Italiani ivi presenti. Nel 1944 la Repubblica Sociale Italiana rinunciò «spontaneamente» alla concessione in favore del Governo fantoccio di Nanchino controllato dai giapponesi.
Nel 1945, con la sconfitta del Giappone, il territorio dell’ex concessione italiana ritornò definitivamente sotto la piena sovranità cinese, sovranità poi sancita anche giuridicamente con il trattato di pace del 1947.
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