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Compagnia Italiana per la Somalia

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FILONARDI, Vincenzo. - Nacque a Roma il 23 luglio 1853 da Luigi e da Alberta Terziani. Compí gli studi a Genova, dove il 3 dic. 1870 gli venne rilasciato il certificato di capitano di lungo corso.

Iscrittosi fra la gente di mare del compartimento di Civitavecchia, fra il 1874 ed il 1882 compí, come risulta dal suo libretto di immatricolazione, una serie di viaggi sia nel Mediterraneo sia nelle Americhe, recandosi anche in India ed in Malesia. Con l'appoggio della Società italiana di commercio con l'Africa, istituita nel 1881, poté armare un piccolo bastimento che gli permise di attivare i primi rapporti commerciali con l'isola di Zanzibar, dove si trasferí in qualità di semplice agente per sostenere e sollecitare l'avvio di regolari scambi con l'Italia. Nell'ag. del 1882 chiese al ministero degli Esteri di esservi nominato agente consolare, riuscendo ad ottenere inizialmente solo la proposta dell'ufficio di console onorario.

Fin dal suo arrivo a Zanzibar il F. si preoccupò di valutare le opportunità e i vantaggi che si sarebbero potuti ricavare da una sistematica politica di penetrazione commerciale in quei territori, cercando di dar vita a una casa commerciale. Ma solo il 26 apr. 1884 il notaio Venuti di Roma era in grado di registrare la costituzione, sotto gli auspici del Banco di Roma, della società in accomandita semplice presentata dal F., con un capitale ammontante a 60.000 lire, suddiviso in venti compartecipazioni di 3.000lire ciascuna. Questa società, che annoverava fra i suoi membri alcuni significativi esponenti dell'aristocrazia e dell'alta borghesia romane, oltre alla ditta Carlo Erba di Milano, aveva come oggetto l'acquisto e la vendita di merci per commissione di terzi.

Dopo che la prima missione ufficiale del governo italiano a Zanzibar, affidata ad A. Cecchi ed a M. Fecarotta, che si valsero dei preziosi consigli forniti dal F., portò, il 28 maggio 1885, alla stipulazione di un trattato di amicizia e commercio col sultano, il F. riuscí il 29 nov. 1885 ad ottenere la nomina a console di seconda categoria.

In questa nuova veste egli avrebbe intensificato i rapporti personali e commerciali sia con le popolazioni della costa zanzibarese sia di quella somala compresa tra il Giuba e la città di Berbera, ed avrebbe cercato di estendere i vantaggi garantiti all'Italia dal trattato di amicizia col sultano di Zanzibar impegnandosi soprattutto nel tentativo di ottenere la cessione di Chisimaio.

Dopo essere rientrato per un breve periodo a Roma alla fine del 1886, soprattutto per presentare ai membri della sua società un bilancio della situazione patrimoniale e per proporre un nuovo schema di contratto, al ritorno a Zanzibar la sua attività, rivolta sempre all'acquisizione di Chisimaio, sarebbe stata ostacolata dalle aspirazioni territoriali anglo-tedesche, rilanciate anche dalla scomparsa del sultano Said Bargash (27 marzo 1888), che portò alla provvisoria rottura delle relazioni diplomatiche tra l'Italia e Zanzibar.

Ristabilite queste ultime dopo una nuova missione del Cecchi, il F. riprese le sue funzioni consolari, rispondendo alla richiesta di aiuto rivoltagli dal sultano di Obbia, dove si recò in tutta segretezza nel febbraio del 1889 per assumere, a nome del governo italiano, il protettorato su quel territorio. Successivamente venne incaricato da F. Crispi di concludere un trattato di protettorato con il sultano dei Migiurtini, poi stipulato il 7 aprile.

Dopo essere tornato nuovamente in Italia, dove venne nominato cavaliere dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, per dedicarsi soprattutto, su sollecitazione del Crispi che lo utilizzò anche come suo consigliere, all'elaborazione di un progetto per la costituzione in Africa orientale di una società italiana modellata sull'esempio di quelle tedesche ed inglesi, venne incaricato anche di una serie di missioni: a Londra, dove si stava discutendo col governo britannico il problema della delimitazione delle rispettive sfere di influenza a Sud dell'Etiopia; ad Alula e ad Obbia (febbraio 1890) per rinsaldare i rapporti con quei sultanati; nell'Oceano Indiano, all'inizio del 1891, per stipulare trattati coi responsabili di Brava, Merca, Mogadiscio e Warseikh (in questa circostanza riuscí ad assicurare all'Italia il protettorato su Itala).

Appena ritornato in Africa orientale, il 24 gen. 1893 il F. proponeva al governo italiano di assumere in proprio l'amministrazione del Benadir, che venne concessa per tre anni alla Compagnia Filonardi con un contratto di esercizio provvisorio stipulato l'11 maggio, entrato in vigore verso la metà di luglio.

La Compagnia italiana per la Somalia V. Filonardi e C. avrebbe riscosso i dazi doganali pagando un canone annuo di 160.000 rupie al sultano di Zanzibar e assumendo a suo carico sia l'amministrazione degli scali e dei territori interposti, sia il pagamento degli onorari spettanti alle persone dipendenti a vario titolo dalla Società. Dopo aver insediato i responsabili della Compagnia nelle città di Brava, Merca, Mogadiscio e Warscheik, il F., stabilitosi a Mogadiscio, si dedicò a definire una precisa normativa per l'esazione delle imposte e per l'amministrazione della giustizia, impartendo adeguate disposizioni per l'allontanamento degli elementi inutili e dannosi.

Nonostante il suo impegno, numerose e tutt'altro che semplici erano le difficoltà da affrontare in un territorio in gran parte ancora sconosciuto ed abitato da popolazioni (in particolare i Bimal) tendenzialmente ostili: il F. fu costretto, ad esempio, ad affidare l'incarico di mantenere l'ordine a 680 mercenari, che la popolazione somala chiamava "chirabotos" (pidocchiosi). Queste difficoltà risultarono inoltre aggravate dalla mancanza di capitali, nonché dall'indecisione e dall'indifferenza dell'ambiente politico e diplomatico italiano.

Questi contrasti ed incomprensioni si sarebbero accentuati dopo la nomina a console di Zanzibar del Cecchi (aprile 1894), che non avrebbe perso occasione per screditare l'opera del Filonardi. Non mancarono, tuttavia, anche per la collaborazione fornitagli da U. Ferrandi, residente a Brava, alcuni risultati positivi, sia nella repressione del contrabbando, della tratta degli schiavi e degli atti di banditismo, piuttosto frequenti in quella zona, sia nella migliore organizzazione della vita sociale e nel parziale adeguamento dei sistemi di irrigazione alle necessità agricole di quei territori.

Per rintuzzare le accuse e le critiche che il Cecchi continuava a muovergli, il F. decise di recarsi personalmente a Roma (giugno 1895), dove, essendosi reso conto che il governo era ormai deciso a non rinnovare il mandato dopo la scadenza della concessione, riuscí tuttavia ad ottenere che il contratto già stipulato non venisse rescisso prima del triennio stabilito: rientrato in colonia (il 12 ottobre era di nuovo a Mogadiscio), si preoccupò soltanto di condurre in porto la Compagnia fino alla scadenza del contratto, cercando soprattutto di tenere sotto controllo la situazione finanziaria in modo da poter restituire il denaro che gli azionisti gli avevano anticipato.

Attese quindi l'arrivo del Cecchi, che avrebbe dovuto concordare con lui le modalità per il passaggio delle consegne, che venne però ritardato dalla sconfitta di Adua, per cui solo nell'aprile del 1896 si poté giungere a un accordo preliminare fra le parti e poi, a giugno, alla costituzione della nuova compagnia: il F. ne avrebbe mantenuto l'amministrazione fino alla riapertura ai traffici della costa, assumendo, per quel periodo, la qualifica e le attribuzioni di regio commissario.

La consegna dell'amministrazione del Benadir all'Italia venne effettuata il 16 luglio 1896. Concretati cosí gli accordi preliminari, dopo l'arrivo a Mogadiscio, il 18 settembre, del Cecchi, il 10 ottobre il F. ripartí alla volta dell'Italia per trasferirsi in seguito a Trieste, prima alle dipendenze di una Società per lo sfruttamento delle forze idrauliche della Dalmazia e poi di una Società per il carbone e calcio.

Nel 1913 sarebbe tornato defmitivamente a Roma, dove si spense il 6 maggio 1916.


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